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Cambiamenti delle risorse nivali in aree montane

Obiettivo di questo studio pilota è fornire una proiezione delle caratteristiche della neve (profondità, equivalente in acqua ed estensione della copertura) in diversi scenari di cambiamento climatico, prodotti sia con Modelli Climatici Globali (GCM), sia con modelli regionali (RCM) innestati nei modelli globali. Per raggiungere tale obiettivo sono stati individuati due diversi approcci:

utilizzare direttamente le proiezioni delle variabili nivometriche fornite da un modello climatico: in questo caso si ha il vantaggio che il modulo suolo-neve è interattivo con l'atmosfera e dunque permette di rappresentare correttamente i feedback delle variazioni della copertura nevosa sul clima (per es. il feedback neve/ghiaccio-albedo).
utilizzare i modelli fisici o empirici (per es. CH-Tessel, UTOPIA, modelli degree-day) in modalità off-line, forzati dalle variabili atmosferiche prodotte dai modelli climatici. In questo caso non vengono descritti gli effetti di retroazione tra suolo e atmosfera ma in compenso è possibile calibrare il modello di neve e presumibilmente rappresentare in modo più fedele le dinamiche dell'innevamento.
 
Per quanto riguarda il primo approccio, è stato considerato il più aggiornato dataset di Modelli Climatici Globali (GCM), ovvero il Coupled Model Intercomparison Project Phase 5 (CMIP5), liberamente disponibile in rete (http://cmip-pcmdi.llnl.gov/cmip5/). Tra tutti i modelli presenti nell'archivio sono stati selezionati quelli che forniscono la variabile “spessore del manto nevoso” (26 modelli). Questi modelli hanno una risoluzione spaziale compresa tra 0.75 e 2.8° di longitudine.  La prima area di studio su cui ci siamo focalizzati è la zona dell'Hindu-Kush Karakorum Himalaya (HKKH) che ospita la catena montuosa più estesa ed elevata del mondo. Tale zona è stata a sua volta suddivisa in due regioni climaticamente omogenee: 1) l'Hindu-Kush Karakorum (HKK) dove le precipitazioni sono principalmente dovute alle perturbazioni provenienti da occidente e sono concentrate nei mesi invernali e primaverili 2) la zona Himalayana dove le precipitazioni sono legate ai monsoni e dunque avvengono tra giugno e settembre. 
 
Fig 1. Spessore del manto nevoso medio invernale sulla catena Hindu-Kush Karakorum Himalaya nella rianalisi ERA-INTERIM/Land e nei modelli climatici globali ad alta risoluzione (<1.25°) dell'insieme CMIP5.
 
Inizialmente si è valutato come i vari GCM rappresentano lo spessore del manto nevoso a livello mensile e stagionale in HKKH. In quest'area il confronto tra i modelli e le reali caratteristiche dell'innevamento è limitato dalla quasi totale assenza di dati osservativi di spessore del manto nevoso. Come riferimento abbiamo quindi usato le rianalisi ERA-Interim Land e la 20th Century Reanalysis. Abbiamo osservato che i modelli con risoluzione spaziale più elevata (0.75-1.25°) sono generalmente in miglior accordo con le rianalisi rispetto a quelli a bassa risoluzione spaziale, e che presentano un picco di spessore del manto nevoso sulla zona del Karakorum e valori decrescenti spostandosi verso l'Himalaya e il Plateau Tibetano (Figura 1). L'analisi della rappresentazione del ciclo stagionale dell'innevamento evidenzia una distribuzione unimodale con massimo a febbraio/marzo in entrambe le regioni, e, in media, una sovrastima della neve al suolo da parte dei modelli rispetto alla rianalisi ERA-Interim/Land
Le proiezioni climatiche indicano per il futuro una sensibile diminuzione della neve al suolo compresa tra l'8% ed il 28% in HKK e tra il 30% ed il 50% in Himalaya a seconda dello scenario considerato (RCP4.5 e RCP8.5 rispettivamente). In Himalaya è previsto anche un anticipo dell'inizio della fusione del manto nevoso da marzo a febbraio, con evidenti ricadute sulla distribuzione stagionale dell'acqua di fusione nelle regioni a valle. 
 
Il secondo approccio di ricerca prevede di simulare l'evoluzione del manto nevoso utilizzando diversi modelli fisici o empirici forzati dalle variabili atmosferiche prodotte dai modelli climatici a grande scala. Questo approccio permette di ottimizzare i modelli di neve e di ottenere simulazioni più accurate, ma ha lo svantaggio che le simulazioni avvengono in modalità off-line, dunque senza la possibilità di rappresentare i feedback tra suolo ed atmosfera. I modelli climatici forniscono variabili meteorologiche a bassa risoluzione spaziale e temporale rispetto a quelle osservate in una stazione meteorologica e che generalmente vengono usate per validare i modelli di neve. Pertanto, come attività preliminare, si é deciso di stimare l'affidabilità delle simulazioni dei modelli fisico/empirici in funzione della “qualità” e della risoluzione spazio-temporale del dato fornito essi in input. In altre parole si è scelto di effettuare simulazioni con diverse tipologie di dati input, di “qualità” via via decrescente, partendo (i) dal caso ideale con i dati puntuali delle stazioni meteo con strumentazione completa controllate e validate, poi (ii) con i dati delle stazioni meteorologiche standard, che misurano solo le variabili principali (le altre vengono stimate internamente ai modelli tramite parametrizzazioni), ed infine (iii) con dataset interpolati a bassa risoluzione spazio-temporale e con una maggior incertezza nelle misure. L'obiettivo è di identificare i modelli che garantiscono le stime migliori anche qualora vengano forzati con dati di input a bassa risoluzione spaziale e caratterizzati da maggiore incertezza.
 

Terzago S., von Hardenberg J., Palazzi, E., Provenzale, A.: Snowpack changes in the Hindu-Kush Karakoram Himalaya from CMIP5 Global Climate Models, accepted for publication, Journal of Hydrometeorology