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Biodiversità terrestre nelle Alpi italiane nord-occidentali

Gli ecosistemi montani mostrano generalmente elevati livelli di biodiversità e sono caratterizzati dalla presenza di specie con adattamenti alle alte quote e alle basse temperature, caratteristiche che li rendono particolarmente sensibili a qualsiasi cambiamento, sia di natura climatica sia ambientale.

Le Alpi europee sono il risultato di complessi fenomeni fisici e sono caratterizzate da una lunga storia di presenza e sfruttamento antropico. Tale complessità ha determinato una notevole varietà di ambienti naturali e semi-naturali e di differenti paesaggi, che offrono ospitalità a un elevato numero di piante e di animali. Le Alpi ospitano circa 30000 specie animali e 13000 specie vegetali e rappresentano un'area focale per la conservazione della biodiversità in Europa.

Durante l'ultimo secolo, un'elevata riduzione di biodiversità è stata osservata in un numero sempre maggiore di casi: la perdita di specie ha attualmente raggiunto un tasso più elevato rispetto a quanto mai precedentemente riscontrato. Tale fenomeno ha influenzato negativamente la biodiversità, a tutti i livelli, riducendo i benefici forniti alla popolazione umana.

L'attuale tasso di perdita di biodiversità richiede un attento e periodico monitoraggio degli organismi viventi, in particolare negli ecosistemi montani.

Inserito in tale contesto, questo studio pilota si propone di applicare e di implementare metodologie di raccolta e di archiviazione dati, volte ad analizzare le relazioni esistenti tra biodiversità animale, clima e uso del suolo in aree protette dell'arco alpino. Scopo a lungo termine è porre le basi per lo sviluppo di una serie di dati storica, includendo dati già esistenti.

Le attività di ricerca in campo si sono svolte in stazioni di campionamento fisse, già sottoposte a monitoraggio durante il biennio 2007-2008. Tali attività rappresentano l'implementazione e la prosecuzione di un progetto in situ già esistente, promosso nel 2006 dal Parco Nazionale del Gran Paradiso (www.pngp.it/natura-e-ricerca/conservazione-e-ricerca/ricerca), e continuato con la collaborazione tra ISAC-CNR e altre due aree protette dell'arco alpino nord-occidentale, il Parco Naturale Orsiera Rocciavré e il Parco Naturale Veglia Devero, nell'ambito del Progetto di Interesse NextData.

Sono stati selezionati 13 transetti altitudinali, ciascuno caratterizzato da un dislivello di circa 1000 m, scelti all'interno di un intervallo altitudinale compreso tra i 500 e i 2700 m s.l.m. e riguardanti i tre orizzonti vegetazionali che si succedono lungo il gradiente (montano, subalpino, alpino). Le unità di campionamento sono stazioni di campionamento (plot) circolari di 100 m di raggio, per un totale di 75 stazioni, in cui le attività di monitoraggio sono state effettuate in modo tale da fornire dati di presenza/assenza e di abbondanza relativa per le specie appartenenti ad alcuni gruppi tassonomici, scelti come bio-indicatori.

Col termine bio-indicatore (indicatore di biodiversità) si intende un gruppo tassonomico o funzionale, la cui diversità può essere utilizzata per fare inferenze sulla diversità di altri gruppi o sullo stato di salute dell'intero ecosistema. Per essere utile, un bio-indicatore dovrebbe rispondere ad alcuni criteri selezionati a priori: facilità di campionamento, buon rapporto costi-efficienza, elevate conoscenze di base sulla tassonomia e sull'ecologia. I taxa selezionati all'interno dello studio pilota sono: farfalle (Lepidoptera Rhopalocera), cavallette e grilli (Orthoptera), uccelli, macro-invertebrati attivi sulla superficie del suolo (Coleoptera Carabidae, Coleoptera Staphylinidae, Araneae, Formicidae).

Per ciascun gruppo tassonomico sono state applicate le metodologie più appropriate, utilizzando tecniche di monitoraggio semi-quantitative, che fossero il più possibile facili da applicare, standardizzate, economiche e ripetibili. Gli uccelli sono stati monitorati mediante punti d'ascolto e ciascuna stazione è stata campionata due volte durante la stagione riproduttiva. Le farfalle e le cavallette sono state campionate mediante transetti lineari, eseguiti lungo uno dei diametri della stazione di campionamento (200 m), percorsi a velocità costante. I macro-invertebrati attivi sulla superficie del suolo sono stati campionati mediante trappole a caduta (vasetti di plastica, dal diametro di 7 cm, riempiti con 10 cc di aceto di vino bianco).

Le attività di monitoraggio hanno anche interessato la raccolta dei seguenti dati:

  • parametri microclimatici, mediante il posizionamento di sensori di temperatura (iButton DS1922), uno per ciascuna stazione di campionamento;
  • parametri macro- (variabili topografiche) e micro-ambientali (percentuali di copertura del suolo e stima della diversità floristica).

Risultati del primo anno. Il primo anno di attività è stato principalmente deputato all'organizzazione delle banche dati derivanti dalle precedenti campagne di monitoraggio (2007-2008) in un formato utilizzabile per le analisi statistiche e per il confronto con i dati raccolti all'interno di NexData (2012-2013).

I dati derivanti dalle attività dei monitoraggi iniziati nel 2007 sono stati analizzati per descrivere i pattern di biodiversità in ambiente alpino e identificare gli habitat e le specie più vulnerabili. Le prime analisi mostrano che la ricchezza specifica presenta un pattern unimodale lungo il gradiente altitudinale, con un picco alle altitudini intermedie, mentre le specie endemiche e vulnerabili aumentano in maniera monotona lungo il gradiente (Fig. 1). Di conseguenza, abbiamo osservato che l'orizzonte alpino, se comparato con quelli alle quote più basse, presenta valori più bassi di ricchezza specifica, ma una percentuale maggiore di specie di interesse conservazionistico (e.g., microterme, specie altamente specializzate con scarsa capacità di dispersione, rare). Inoltre, la ricchezza specifica e la composizione di comunità degli artropodi sono altamente influenzate dal microclima, suggerendo la loro potenziale vulnerabilità ai cambiamenti di temperatura.

 

Fig. 1. Grafico a dispersione della ricchezza specifica considerando tutti i gruppi tassonomici nel complesso (a) e della proporzione di specie vulnerabili (b) lungo il gradiente altitudinale. La linea tratteggiata rappresenta la regressione LOWESS, mentre la linea continua rappresenta il miglior modello in grado di descrivere la relazione con l'altitudine. Piano motano (*), subalpino (●), alpino (▲).

I dati biologici raccolti sono attualmente oggetto di simulazioni modellistiche mediante l'utilizzo del software MaxEnt. Durante i primi tentativi, abbiamo modellizzato i cambiamenti nella distribuzione delle specie in seguito ad un moderato incremento di temperatura (ca. 1 °C). Tali simulazioni hanno mostrato che:

  • un aumento di temperatura, seppure piccolo, determina un cambiamento nei pattern di biodiversità osservati;
  • l'entità dei cambiamenti osservati in seguito all'incremento di temperatura differisce tra specie, in base al gruppo tassonomico di appartenenza e al grado di specializzazione;
  • l'orizzonte alpino potrebbe essere quello maggiormente influenzato da un aumento delle temperature, in particolare attraverso l'acquisizione di specie provenienti dalle quote più basse e la perdita di specie caratteristiche (e.g., endemiche e /o strettamente legate alle alte quote). Le comunità di alta quota potrebbero diventare più simili a quelle attualmente presenti alle basse quote (Fig. 2);
  • le temperature minime sembrano esercitare un ruolo più importante, rispetto alle massime e alle medie, nel determinare i pattern di biodiversità osservati.

Fig. 2. Analisi di Corrispondenza eseguita considerando tutti i gruppi tassonomici nel complessso. I cerchi vuoti indicano la situzione attuale, i quadrati pieni le previsioni modellistiche, in seguito alle simulazioni con MaxEnt. Le frecce indicano la direzione del cambiamento per ciascun plot. Colori diversi rappresentano orizzonti diversi (nero = montano, rosso = subalpino, verde = alpino). Il primo asse è correlato positivamente con l'altitudine e negativamente con le temperature minime.